Bitetto: Percorso turistico-culturale
Di LUISA PALMISANO
Il sito medievale della città, corrispondente al Centro antico, un vero scrigno di pregevoli interventi architettonici e artistici, è caratterizzato da una pianta perfettamente circolare la cui circonferenza corrisponde al perimetro murario, oggi distrutto quasi totalmente, ad eccezione di alcune porzioni murarie a completamento della principale porta urbica: Porta Baresanadetta “Porta Piscina”, imponente ingresso nord-orientale alla vecchia città. Da qui cui si apre la principale arteria stradale della città medievale, ossia via Porta Piscina, che collega detto accesso urbico alla Cattedrale. I toponimi della porta e della strada omonima derivano dall’esistenza nell’immediato suburbio extra moenia di alcune cisterne sotterranee, utilizzate per la raccolta delle acque piovane. La porta urbica presenta l’alto zoccolo realizzato con conci di pietra di Trani, il fornice a tutto sesto, la cui ghiera è evidenziata da una corona di bugne dentellate e dall’enfatizzazione del bolognino in chiave. Al di sopra del fornice insistono un’epigrafe e due stemmi araldici dal tipico scudo angioino a ogiva rovesciata. Il piano superiore presenta la merlatura a dentelli quadrangolari, richiamo della factio guelfa.
La Porta Piscina,detta anche Porta Baresana (XVII secolo), incastonata nell’antica cinta muraria della Città medievale.
LA CATTEDRALE DI SAN MICHELE ARCANGELO
Sono rare le cattedrali romanico-pugliesi dedicate all’Arcangelo San Michele come a Bitetto. L’impianto della cattedrale di Bitetto è definito dalla tradizionale pianta basilicale orientata a croce latina con transetto estradossato rispetto ai lati lunghi e alle absidi intradossate. La facciata suggerisce la tripartizione interna: lo sviluppo in alzato, la pendenza dei salienti, la collocazione dei tre portali d’accesso, declinati però secondo stilemi già gotici, come nella Cattedrale di Bitonto. Su questo modello, difatti, è plasmata la facciata, tripartita in salienti mediante lesene, che è suddivisa in due registri. Se la morfologia della facciata emula la vicina fonte iconografica propriamente romanica, i portali si configurano quali preziose manifestazioni della cultura gotica francese, irradiata in Puglia attraverso la presenza degli Angioini. L’autore, come si legge nell’epigrafe dedicatoria sull’architrave pricipale, è Lillo da Barletta, Lillum de Barulomagister , che nel 1335 su committenza del vescovo Giacomo Bonocore ammodernò la vecchia cattedrale romanica di Bitetto. Gli altorilievi con figure e i partiti decorativi fito-zoomorfici che decorano gli stipiti, l’architrave, la lunetta e le ghiere degli archi ogivali del protiro costituiscono il variegato vocabolario linguistico che soddisfa appieno le esigenze trecentesche di horror vacui. Il programma iconografico segue questo schema: il ciclo neotestamentario si sviluppa entro le formelle degli stipiti, il collegio dell’Apostoleion col Cristo centrale affiancato dai Dodici apostoli si dispiega sull’architrave e nella lunetta ogivale soprastante è collocato l’altorilievo della Madonna Basilissa, assisa sul trono, ed incensata da due angeli reggituribolo. Il registro centrale è occupato da tre ampie bifore. L’elegante rosone a dodici raggi conclude il saliente centrale, definendo l’area frontonale. L’interno è suddiviso in tre navate mediante pilastri cruciformi sui quali s’impostano archi a tutto sesto, a loro volta sormontati dai triforii posticci del matroneo. Sia la navata centrale che il transetto sono coperti da capriate lignee. Delle tre absidi si conservano solo le absidiole, in quanto quella centrale nel corso del XVIII secolo fu sfondata per impostare il vano rettangolare del coro. Lo status quo contemporaneo consta di due cappelloni barocchi, aggiunti in età moderna ai lati delle navatelle. Degli arredi tardobarocchi di rilevanza sono l’Altare maggiore e la mensa liturgica del Cappellone del Santissimo: entrambi in marmi policromi intarsiati realizzati a Napoli.Sul prezioso altare maggiore si conserva un pregevole dipinto, raffigurante l’Assunta e l’Arcangelo Michele, firmato nel 1656 dal noto pittore bitontino Carlo Rosa.
Facciata della Cattedrale intitolata a San Michele Arcangelo (XIV secolo)
Statua in argento raffigurante San Michele Arcangelo (1717)
opera di Andrea De Blasio - custodita nella cattedrale
LA CASA-TORRE DETTA ’DEI CAVALIERI DI MALTA’
Si tratta di una originale domus turrita stilisticamente riconducibile alla seconda metà del XIII secolo, con impianto a curtissituata in via Leonese, arteria stradale d’interesse per via dell’abbondanza di elementi architettonici della prima fase angioina napoletana (1260-1290). L’edificio fortificato è noto, nella tradizione locale, come ’Casa dei Cavalieri di Malta’, tuttavia non ci sono fonti coeve o di poco successive rispetto alla datazione della turrische giustifichino con certezza tale titolazione. La fabbrica si sviluppa su tre livelli, intorno alla curtis interna, formando un impianto ’a tau’. Ascrivibile, per ragioni stilistiche, alla seconda metà del Duecento, contiene diversi elementi di ascendenza francesizzante. All’ultimo piano si aprono due bifore ogivali, vividi esempi dell’irradiamento del gotico napoletano, una delle quali è composta da archetti trilobati inquadrati nell’archivolto ogivale, che delimita la lunetta traforata a losanga. La cronotassi episcopale scritta dal diacono Riccardo Iacovielli riporta un episodio che, verosimilmente, sarebbe avvenuto nella seconda metà del Duecento: da questo Chronicon si originerebbe la titolatiocavalleresca della domus turrita. Nella fonte, difatti, si parla di un certo cavaliere teutonico, IoanninusCarapinos, reo di un omicidio avvenuto a Costanza in Germania, che trova rifugio a Bitetto in questa dimora. Un documento testamentario trecentesco annovera, inoltre, la torre tra i possedimenti delle Terre del Tempio, specificazione che alluderebbe all’ordine cavalleresco templare.
L’edifico conserva in facciata il blasone nobiliare della famiglia bitontina Sylos-Labini, a cui è associata l’epigrafe seicentesca col motto cavalleresco Intrentsecuri qui querunt vivere puri (“Entrino sicuri coloro chiedono di vivere puri”).
La Casa-torre dei Cavalieri di Malta già dei Templari (XIII secolo)
IL SEDILE
Il Sedile costituisce il primo tentativo di dotare la città di un luogo simbolico della vita civica: punto di riferimento per l’Universitas in materia amministrativa, giuridica ed economica. Lo status quo originario persiste nel solo corpo di fabbrica a pianoterra, caratterizzato da tre grandi fornici gotici aperti sull’agorà. Dal Medioevo sino all’Unità d’Italia nell’edificio erano depositate le locali unità di misura e sotto il suo portico venivano indette le aste pubbliche durante le fiereannuali.
Nel XVIII secolo l’edificio fu sopraelevato con l’innalzamento del primo piano con la torre campanaria a vela e l’ubicazione della meridiana, trasformata successivamente in un orologio meccanico. La tradizione orale riferisce che la sede venne adibita a luogo per la pubblica gogna, vista la presenza sulla facciata di un mascherone leonino, richiamo alla giustizia civile.
Il Sedile, Centro amministrativo laico della Città medievale (XIII-XVIII secolo)
IL PALAZZO BARONALE NOYA
Esternamente alle mura, a ridosso di Porta Baresana o Piscina, s’imposta il Palazzo Baronale commissionato dalla famiglia Noya, penultima feudataria della città, originaria di Mola di Bari, che nel 1743 aveva acquistato il feudo di Bitetto dal Principe Carmine de Angelis.
L’edificio assurge alla duplice funzione di palazzo urbano, essendo appena fuori le mura, e residenza di campagna, per via della cinta fortificata che lo protegge. Esso, difatti, è fortificato da un possente muro di recinzione realizzato in conci lapidei tagliati a punta di diamante, scandito euritmicamente da paraste di ordine tuscanico e colonne su alti plinti in corrispondenza del portale d’accesso, enfatizzato mediante l’innalzamento del muro, a guisa di trapezio. Lungo l’intero attico del muro di cinta corre un ballatoio generato dall’aggetto della trabeazione fortemente modanata. Sulla corte interna si affaccia il prospetto tardo-barocco del palazzo vero e proprio, che rievoca moduli iconografici ed elementi decorativi vanvitelliani. Il palazzo, essendo situato a ridosso delle mura urbiche, ha inglobato parte del complesso medievale nonché parte del preesistente palazzo cinque-seicentesco dei precedenti feudatari. Il fornice d’accesso alla curtisinterna è determinato da un’aggettante cornice dalla sezione mistilinea che corre lungo gli stipiti e la centinatura dai piedritti vezzosamente sagomati, in ossequio alla più stretta osservanza dei capricci stilistici dell’epoca: la ghiera dell’archivolto è interrotta al centro in corrispondenza del cartiglio dedicatorio e della maschera apotropaica.
L’imponente cinta muraria del Palazzo baronale (seconda metà del XVIII secolo)
LA CHIESA “SANTA MARIA LA VETERANA”
Il complesso sacro sorge nella periferia meridionale dell’abitato ed è tradizionalmente noto come L’Annunziata. Parte superstite di un importante casale fortificato altomedievale, la chiesa è ubicata in una porzione di territorio stratificato e frequentato sin dall’Età del Bronzo. Ricostruito tra il 1294 e il 1302, ampliando una fabbrica sacra preesistente di cui si ha notizia da una Charta datata febbraio 959, il complesso sacro sarebbe di fondazione benedettina come si dedurrebbe dal ritrovamento del pregevole capitello a stampella, in marmo bianco, databile tra il X e l’XI secolo.
Indubbia è la sua funzione di santuario mariano, luogo di particolare devozione popolare per gli abitanti di Bitetto e le genti limitrofe che vi affluivano, soprattutto, per invocare la protezione della Madre divina sui bambini il 25 marzo, giorno della celebrazione della Vergine Annunziata. In considerazione di ciò, risultano di gran pregio le immagini votive delle due Madonne in trono con il Bambino: la prima affrescata sulla parete sinistra della controfacciata (metà XV secolo), l’altra sul primo altare della navata destra (primo decennio del XV secolo). Importanti anche le testimonianze tardo-barocche, tra le quali si impone il sontuoso dossale in legno dipinto e dorato dell’altare maggiore, realizzato nel 1714, al centro del quale si apre una nicchia con decorazione a conchiglia di gusto tardo-rinascimentale. Essa accoglie la raffinata scultura in pietra policroma della Vergine con il Bambino, risalente alla prima metà del XVI secolo e attribuibile alla Scuola dello scultore Paolo da Cassano.
Tra il XVI e il XVII secolo, inoltre, si colloca l’epoca della realizzazione del prezioso quanto raro paliotto d’altare in cuoio punzonato con l’immagine centrale dipinta della Presentazione di Gesù al Tempio (XVII secolo). Il pregevole manufatto è caratterizzato da raffinati motivi floreali realizzati con pigmenti colorati su foglia d’argento punzonata.
Dei primi decenni del XV secolo sono, invece, gli affreschi del ciclo mariologico e cristologico con il Giudizio finale. L’insolita ubicazione del Giudizio, sul parete destra del transetto, indurrebbe a individuare, nell’intero progetto iconografico del presbiterio, la rappresentazione escatologica dell’Eterno Ritorno.
La marcata solidità e la padronanza nell’uso della prospettiva caratterizzano le innumerevoli immagini affrescate tanto da collegarle a modelli giotteschi elaborati nella Napoli angioina degli anni Trenta del XIV secolo. Gli affreschi di Scuola giottesca di Bitetto trovano importanti raffronti con quelli di Santo Stefano a Soleto (Lecce), con i cicli affrescati nella Basilica francescana di Santa Caterina a Galatina e nella chiesa di San Francesco ad Irsina (Matera).
Nella piazzetta antistante la chiesa, nel dicembre 2008, è stato collocato il prestigioso bronzo alato raffigurante il mitico Icaro. L’opera, realizzata e donata dal famoso scultore newyorkese Greg Wyatt, rivitalizza il contesto storico e culturale nel quale è inserita e idealmente auspica all’intero sito il meritato respiro internazionale.
Interno - Affreschi di Scuola giottesca “Il Giudizio finale” (primo ventennio del XV secolo)
Interno - Affresco di Scuola giottesca: “La Vergine in trono con il Bambino” (XV secolo)
IL SANTUARIO E IL CONVENTO DEL BEATO GIACOMO
Nella periferia a sud-ovest della Città sorge il Santuario del Beato Giacomo Varingez, un complesso conventuale occupato dai Frati francescani Minori.
La chiesa ha una caratteristica facciata “a volute”, realizzata nel 1761. La zona superiore, conclusa da una cuspide polilobata e terminante con acroteri laterali, è aperta al centro da una monofora nella quale è collocata la statua in pietra della Vergine degli Angeli. Alle estremità del cornicione sono collocate le statue in pietra di san Pasquale Baylon (a destra) e di san Pietro di Alcantara (a sinistra). Il tema mariano è presente anche nelle campiture della volta della navata centrale, in cui sono state racchiuse i dipinti a tempera del pittore Giuseppe Musso che, nel 1762, vi raffigurò i sei Misteri mariani.
Il Santuario è meta di intenso pellegrinaggio per la presenza, in un’urna di cristallo, del corpo straordinariamente incorrotto e taumaturgico del Beato Giacomo. Nella seconda metà del Quattrocento, quando la città è governata dal duca Andrea Matteo Acquaviva d’Aragona, giunge nel Convento francescano, eretto insieme con la chiesa nel 1432, un frate converso dal grande carisma spirituale: GiacomoVaringez (1400-1490), originario di Zara in Croazia, per il quale è in corso il processo di canonizzazione in seguito ai numerosi miracoli a lui attribuiti dal XV secolo ad oggi.
Unica testimonianza artistica dell’edificio quattrocentesco è l’affresco, sulla parete destra di controfacciata, che raffigura la Vergine col Bambino, risalente alla prima metà del XV secolo e ascrivile alla Scuola pittorica di Giovanni di Francia. Nella sagrestia si conserva un’altra preziosa opera tardo-rinascimentale:è la piccola icona attribuita al pittore neobizantino Scupola.
Ancora oggi i frati custodiscono la chiesa, gioiello di architettura barocca, impreziosita da importanti opere artistiche tra cui è notevole il retablo ligneo dell’altare maggiore, intagliato tra il 1651 e il 1657 da fra Giuseppe da Soleto.
Nel cenobio quattrocentesco restaurato è visitabile il “Museo della Devozione e del Lavoro” in cui sono raccolte numerose testimonianze della civiltà contadina e devozionale locale. Completa l’apparato museale una serie di costumi popolari di fine Settecento, realizzati dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bari.
Negli stessi ambienti museali, durante il periodo natalizio, è allestito l’annuale Presepe Vivente, particolarmente curato e originale.
La facciata del Santuario (XVIII secolo)
Antico convento quattrocentesco
Tradizionale Presepe Vivente: scena della Natività
La festa patronale in onore del Beato Giacomo che si celebra il 27 aprile